Vivere in una piccola frazione di montagna: la storia di Maria nel Calendario 2025

Sembrava ieri quando abbiamo iniziato insieme a voi questo splendido viaggio alla scoperta di storie di donne di montagna. Oggi, a maggio, ci troviamo quasi a metà.

La storia di questo mese ci fa entrare per un attimo nella vita di Maria, una vispa signora che ha sempre vissuto in un piccolo mondo fatto di poche case, un lavatoio e un torchio. Più di lì difficilmente si spingeva, non per paura, ma perché un tempo era così.

Prima di portarvi con noi in questa graziosa frazione, ripercorriamo per un istante le persone incontrate fino a qui.

Si tratta di 12 donne di montagna, di 12 storie e di 12 insegnamenti, che insieme formano il Calendario 2025 “Donne di montagna”, uno dei nostri ultimi progetti, con cui continua la nostra opera di ricerca, scoperta e valorizzazione dei patrimoni umani e culturali del nostro meraviglioso paese.

A gennaio abbiamo conosciuto Lorena e ascoltato il suono del suo organo, che suona da più di 40 anni.

A febbraio e marzo abbiamo incontrato Rosanna e Cecilia, e ci siamo seduti con loro prima per imparare a lavorare con l’uncinetto, poi per fare due risate in compagnia davanti ad un buon bicchiere di vino al bar del paese.

Ad aprile, infine, è arrivata la primavera, e così abbiamo raggiunto Maria Grazia nel suo orto fatto di amore e pazienza, e tante dolci piantine colorate e saporite.

Maria: vivere in una piccola frazione di montagna

Quando si arriva a Messasca, una piccola frazione incastonata nella Valle Ossola, non si ha l’impressione di entrare in un luogo. Si entra in un tempo. Un tempo che ha ancora l’odore della legna bruciata e il rumore dell’acqua che scorre lenta, tra pietre e vasche. è qui che avevamo saputo vivere Maria, una agile signora che si appresta a diventare una delle donne più anziane di tutta la montagna.

Non sappiamo se potete immaginare la gioia nei suoi occhi, nel vedere qualcuno che era venuto a farle compagnia, ad ascoltare quello che aveva da dire, o a vedere il grande lavoro di pulizia e lo splendore della sua piccola amata frazione.

Maria, infatti, conosce ogni sasso di quella terra, ogni angolo nascosto della frazione dove è nata, cresciuta, e dove ancora oggi vive. Non ha mai lasciato Messasca, e non perché le mancasse il coraggio, ma perché qui, tra queste montagne, ha trovato tutto ciò che le serviva.

Entriamo nel vecchio torchio

La nostra giornata con Maria è cominciata lì, sotto le travi scure del vecchio torchio. Ci ha fatto strada con passo sicuro, come si fa quando si accompagna qualcuno a vedere qualcosa di prezioso. E prezioso, per lei, lo era davvero.

Il torchio lo aveva appena ripulito: ogni tavola, ogni angolo, ogni attrezzo sembrava raccontare un pezzo di storia. C’era ancora l’odore del legno, un po’ di umido, e quella sensazione di essere entrati in un luogo che non ha mai smesso di vivere.

Maria si è fermata al centro, e con il sorriso ci ha detto: “Qui si faceva il vino. Tante bottiglie in un giorno solo, eh… tutti insieme, con mio papà, con mia mamma. Una faticaccia, ma bella.”

Mentre parlava, sembrava di vederli quei giorni: mani che spingono, che pigiano, che si passano il secchio e poi ridono, si fermano un attimo a respirare, e ricominciano.

Per noi, abituati a misurare tutto in produttività e risultati, quel torchio è diventato una piccola lezione su un tempo diverso, fatto di gesti condivisi, di lentezza operosa e di una cura che non ha bisogno di clamore. È stato come riscoprire che il lavoro può essere anche un modo per sentirsi uniti, per costruire qualcosa che resta.

I ricordi di Maria al lavatoio

Il lavatoio non è lontano, ma per arrivarci bisogna conoscere le stradine che si arrampicano tra le case. Maria le conosce a memoria. Ci ha portati lì quasi con rispetto, come se ci stesse accompagnando a incontrare un vecchio amico.

Lo abbiamo visto solo all’ultimo, quasi nascosto. Una vasca di pietra, acqua gelida e silenziosa. Maria si è fermata, ha guardato dentro e per un momento sembrava che ascoltasse qualcosa. Poi ha iniziato a raccontare.

“Qui si lavavano i panni con le altre donne. L’acqua era ghiacciata. Quando non ce la facevamo più, avevamo un secchio d’acqua calda. Si mettevano le mani lì, un attimo di sollievo… e poi si tornava a lavare.”

Era così semplice e così forte, tutto insieme. In quel gesto c’erano la fatica, certo, ma anche il legame tra le donne, le chiacchiere, le risate che scaldavano più dell’acqua bollente.

Ci siamo guardati tra noi e abbiamo capito che quel lavatoio non era solo un posto dove si lavava: era un luogo di relazione, di cura, di resistenza condivisa. Una scuola di vita, sotto il cielo della montagna.

Un incontro che ci ha cambiati

Siamo partiti per Messasca pensando di raccontare una storia. Ma è successo qualcosa di diverso. È stata Maria a raccontarci.

Non lo ha fatto per mettersi in mostra, né per insegnarci nulla. Ci ha semplicemente aperto le porte del suo mondo, e in quel mondo ci siamo sentiti accolti.

Lei, che non ha mai pensato di essere speciale, ci ha lasciato addosso una forza che non si dimentica. Una forza silenziosa, fatta di semplicità, di costanza, di amore per le cose fatte bene. Camminando con lei, ci siamo scoperti più attenti. Abbiamo iniziato a guardare diversamente anche i dettagli più piccoli.

Abbiamo capito che non è necessario fare grandi cose per lasciare un segno. A volte basta vivere con rispetto e dedizione ogni singolo giorno.

Maria ci ha fatto vedere che l’eredità vera non sta nei grandi discorsi, ma nei gesti quotidiani. Nelle mani che sanno come si fa il sapone, nel modo in cui si piega un lenzuolo, nella voce che racconta senza mai vantarsi.

“Sacrifici ci sono, ci sono sempre stati. Ma non con fatica,” ci ha detto.

“Io vado avanti. Finché c’è un po’ di salute… senza vergogna né paura.”

Ecco, questo è il cuore della sua storia. E anche del nostro progetto: portare alla luce queste voci che non chiedono niente, ma che hanno tanto da dare. Che ci ricordano che il tempo vissuto bene non si misura in chilometri percorsi, ma in cura data alle cose, alle persone, ai luoghi.

Questo articolo fa parte del progetto “Donne di Montagna – Calendario 2025”: 12 storie, 12 volti, 12 anime che raccontano il vivere semplice, la bellezza silenziosa e potente della montagna, e la forza delle donne che ogni giorno le abitano.

Nell’intervista completa, accessibile via QR code sul calendario, potete ascoltare la voce di Maria, il suo racconto schietto e commovente, e percepire quella forza che qui sotto abbiamo trascritto, ma che vi consigliamo di vivere.

Maria ci ha accolti con l’orgoglio di chi conosce ogni angolo del proprio mondo.

Nella sua frazione, Messasca, ha vissuto da sempre e ci teneva a mostrarci quei luoghi che per lei sono memoria e quotidianità.

Il torchio della frazione lo aveva appena ripulito, e sotto a quelle travi non ha resistito a raccontarci quante bottiglie di vino riuscivano a produrre in una giornata lei e la sua famiglia.

Al lavatoio si trovava a lavare i panni con le altre donne di Messasca. 

Mentre ci avvicinavamo alla vasca nascosta tra le case, riaffioravano dalle sue acque gelide quelle lunghe giornate passate a lavare, con le mani immerse nell’acqua ghiacciata. 

Quando il freddo diventava insopportabile, lei e le altre donne mettevano le mani in un secchio d’acqua bollente, un momento di sollievo tra le risate e le chiacchiere. 

“Ci scaldavamo un attimo, e poi avanti”.

E così era: i panni si lavavano con sapone fatto in casa, e le lenzuola venivano pulite con la cenere.

In ogni gesto di Maria si intuisce quell’orgoglio genuino e quella semplicità di chi non ha mai smesso di prendersi cura della propria casa e del proprio mondo.

Gesti antichi che, per Maria, sono un ricordo vivido e mai perso, oggi ci parlano di una vita semplice e dura, in cui ogni azione aveva un valore.

Camminando accanto a lei abbiamo scoperto che questi luoghi, semplici agli occhi di chi passa per caso, sono per Maria la storia stessa della sua famiglia, dei giorni passati a lavorare fianco a fianco con la sua mamma. 

E nella foto scattata al lavatoio, con quel riflesso di luce sull’acqua fredda, c’è l’immagine della sua vita: una donna che non si è mai arresa al freddo, che ha imparato a trovare calore e forza nel sacrificio e nella cura per ciò che la circonda.

Per lei quel “sacrificio” è stata solo la vita, vissuta giorno per giorno. Ci ha fatto capire che la sua vera ricchezza è sempre stata nel fare, nell’aiutare e nel tramandare.

“Se uno nasce e cresce qua, non c’è fatica, insomma, sacrifici ci sono, sacrifici sono sempre stati, ci sono ancora, però senza fatica.

Io vado avanti. Giorno per giorno. Finchè c’è anche un po’ di salute…

Senza vergogna né paura.” 

Tratto da: Calendario NBC 2025, Donne di Montagna

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