Un giorno con Lorena, organista da 44 anni

Questa è la storia di come abbiamo iniziato un viaggio che durerà un anno e in cui vogliamo portare, con noi, ognuno di voi.

Da mesi stiamo lavorando ad un progetto veramente grande, che ci ha richiesto impegno ma che ci ha regalato emozioni, esperienze, ricordi.

“I nonni non sono per sempre, ma i loro insegnamenti sì.”

Di frasi come queste, ne abbiamo sentite tante, ma quante volte ci siamo veramente fermati ad ascoltarle? Quante volte abbiamo fatto qualcosa per tenere vicino a noi un tesoro così grande?

Il nostro progetto nasce così, da qui. Da chi ha una vita da raccontare, esperienze, culture e tradizioni che senza di noi potrebbero andare perdute. Le abbiamo raccolte e lo continueremo a fare, sulla nostra pelle, per poi raccontarvelo ovunque.

Qui sul blog, ogni mese, sui nostri canali social, sul profilo YouTube, perché possiate seguire con noi l’evoluzione di questo viaggio fantastico, attraverso 12 Donne di Montagna.

Il primo giorno insieme a Lorena

La nostra giornata con Lorena è iniziata in un luogo che profuma di storia e raccoglimento: la Basilica di San Lorenzo a Bognanco. Un piccolo gioiello incastonato tra le montagne, un punto di riferimento per chi vive questa valle e per chi, come Lorena, la ama profondamente.

Ci siamo trovati a salire i gradini che portano all’organo, là in alto, dove la musica prende forma e si espande nella navata. Il coro già sistemato, il vociare basso di chi si prepara alla messa, le voci sussurrate che rimbalzano sulle pareti di pietra. Poi, Lorena. Seduta di fronte a quello strumento che sembra quasi sovrastarla, le dita già posate sui tasti, il respiro concentrato, lo sguardo attento ai fogli di musica davanti a lei.

Ci ha accolti con un sorriso timido, quasi sorpresa del nostro interesse. Eppure, nel momento in cui ha sfiorato l’organo, ogni esitazione è svanita. La musica è salita potente, riempiendo lo spazio con una maestosità che ci ha lasciati senza parole. Era come se la basilica stessa respirasse con lei, come se ogni nota fosse un pezzo della sua storia.

“Suonare l’organo è come raccontare senza parole,” ci ha detto mentre le sue mani continuavano a danzare sui tasti. “Non è solo tecnica, è un dialogo, è dare voce a qualcosa di più grande.”

Suonare l’organo è un’arte complessa, che richiede coordinazione, sensibilità e una grande conoscenza dello strumento. A differenza del pianoforte, l’organo possiede più tastiere, chiamate manuali, che permettono di suonare su diversi registri, ossia timbri sonori differenti. Oltre alle mani, chi suona l’organo deve usare i piedi per azionare la pedaliera, una serie di grandi tasti disposti a terra, che aggiungono profondità e potenza al suono.

Ogni organo è un mondo a sé, con una disposizione unica di registri, canne e meccanismi. Alcuni hanno centinaia, persino migliaia di canne, che producono suoni diversi a seconda della loro dimensione e del materiale con cui sono costruite. Il suonatore deve scegliere e combinare i registri con attenzione, per creare l’atmosfera giusta per ogni pezzo musicale. Inoltre, l’organo non permette di modulare il volume con la pressione delle dita, come avviene nel pianoforte; per farlo, si utilizzano delle leve chiamate staffe di espressione, che aprono e chiudono delle serrande sulle canne, controllando così l’intensità del suono.

Mentre la messa si avvicinava, siamo rimasti lì, accanto a lei, ad ascoltare. Non solo la musica, ma anche la sua storia. Ci ha raccontato di quando, a 14 anni, Don Remigio Biancossi le insegnava a suonare il sabato pomeriggio, di come l’organo sia diventato parte della sua vita, di come, domenica dopo domenica, abbia imparato a trasmettere emozioni attraverso le note.

“Non mi vedono,” ha detto con un sorriso mentre il suo sguardo si posava sul piccolo specchio che le permette di osservare l’altare durante la messa. “Ma mi sentono. Ed è quello che conta.”

Dopo la funzione, Lorena ci ha mostrato da vicino il suo mondo. Ci ha spiegato i meccanismi di quell’antico strumento, i registri, i pedali, la complessità di suonare con mani e piedi contemporaneamente. Sembrava non volesse mai staccarsi da quei tasti, come se ogni parola dovesse essere accompagnata da una nota.

Sul leggio, accanto allo spartito, un piccolo ramoscello di menta appena colto. “Porta freschezza,” ci ha detto con naturalezza. Un piccolo gesto, un dettaglio che racchiude l’anima di Lorena: discreta ma essenziale, presente anche quando non la si vede.

Abbiamo lasciato la basilica con il suono dell’organo ancora dentro di noi. Lorena è una di quelle persone che lavorano nell’ombra, che non cercano riflettori ma che, con il loro talento e la loro dedizione, costruiscono la colonna sonora della vita di chi le circonda.

Ogni domenica, da 44 anni, Lorena accompagna la sua valle nel giorno di festa. E lo fa con un amore che va oltre la musica.

“Questa è la mia valle… questa sono io.”

Cosa ci ha insegnato Lorena

Il nostro viaggio è iniziato con una promessa: raccogliere storie, esperienze e tradizioni che rischiano di essere dimenticate. E Lorena ci ha mostrato quanto sia importante farlo.

Ci ha insegnato che la dedizione silenziosa può avere un impatto profondo, che anche chi rimane nell’ombra può lasciare un segno indelebile. Ci ha fatto capire che la musica è un linguaggio universale, un ponte che collega passato e presente, emozioni e memoria.

Ma soprattutto, Lorena ci ha ricordato che la vera bellezza sta nei dettagli, nei gesti semplici che raccontano chi siamo. Quel piccolo ramoscello di menta, la sua voce sottile ma determinata, le sue dita che non smettono mai di suonare: tutto di lei è un racconto che merita di essere ascoltato.

Abbiamo iniziato questo viaggio per raccogliere e raccontare, ma ogni storia che incontriamo ci cambia, ci insegna qualcosa di nuovo. E Lorena ci ha insegnato a fermarci, ad ascoltare, a dare valore a ciò che spesso diamo per scontato.

Perché le persone passano, ma le loro storie, i loro insegnamenti, restano per sempre.

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