La leggenda racconta che nel 1600 il re di Francia Enrico IV, protettore dei botanici e dell’agricoltura, si trovò a fare i conti con un periodo di carestia.
Decise di aprire i cancelli del suo parco reale alla popolazione affamata che si cibò di un’erba selvatica, lo spinacio selvatico.
Da quel giorno prese anche il nome di “Buon Enrico”, e in questo articolo scopriamo i suoi benefici, come riconoscerlo, dove trovarlo e qualche ricetta per cucinarlo.
Spinaci selvatici: cosa sono?
Lo spinacio di montagna, noto anche come spinacio selvatico, orapi o “Buon Enrico” (Chenopodium bonus-henricus), è una pianta erbacea perenne che cresce spontaneamente nei pascoli di alta montagna e nei prati erbosi, raggiungendo un’altezza di circa 30 centimetri.
Le sue foglie, di forma generalmente triangolare, presentano una superficie farinosa e ruvida al tatto. Questa pianta è ampiamente diffusa e può essere raccolta durante l’inverno, utilizzata fresca nelle insalate o cotta in zuppe, minestre, risotti e frittelle.
Le prime documentazioni sull’uso alimentare di questa pianta risalgono al Nepal, mentre in Italia la sua coltivazione risale al ‘500, in particolare presso alcuni conventi femminili in Toscana. Sebbene un tempo fosse considerato un alimento povero, oggi è molto ricercato.
Durante le grandi carestie del XVI e XVIII secolo, il Buon Enrico fu fondamentale per l’alimentazione dei nostri antenati. Veniva anche utilizzato per scopi non alimentari: le nostre nonne, ad esempio, ne facevano tinture per capelli e lo impiegavano per lucidare i paioli di rame.
Origine del nome ed etimologia
Il nome scientifico Chenopodium deriva dal greco “chen” (oca) e “pous” (piede), riferendosi alla forma delle foglie che ricordano una zampa palmata. Il nome comune “Buon Enrico” ha due ipotesi di origine: una legata a un antico dio pagano protettore della casa e l’altra a Re Enrico IV di Navarra e poi di Francia, che durante una carestia permise alla popolazione di raccogliere erbe e bacche nei giardini reali.
Tutti i nomi dello spinacio selvatico
Lo spinacio selvatico è conosciuto con vari nomi, molti di origine dialettale, tra cui: lapato, untuoso, spinacio di monte, crisolocano, cùgolo, peruc, colubrina, olaci, olapri, farinello o farinaccio, colubrina, imbiede, mercorella, sangià, vercheinon, volaghe, volatre, vollari, zampa d’oca.
È bene comunque specificare che, nonostante tutti appartengano alla stessa famiglia di erbe selvatiche, alcuni nomi individuano specie specifiche con piccole differenze.
Dove trovare il Buon Enrico: un’erba che cresce in montagna
Sulle Alpi e sugli Appennini, il Buon Enrico si trova principalmente in aree frequentate da animali al pascolo, come pecore e vacche, che arricchiscono il suolo di materiale organico.
Cresce ad un’altitudine compresa tra i 500 e i 2100 metri, preferendo prati e pascoli montani, malghe, terreni incolti concimati e, in generale, suoli ricchi di nutrienti.
La fioritura dello spinacio selvatico avviene da luglio a ottobre, con fiori che variano dal rosso al verde acceso, disposti lungo la spiga apicale della pianta.
Spinaci selvatici: come riconoscerli
Questa pianta erbacea si presenta con un fusto fiorifero alto tra 20 e 60 cm, caratterizzato da striature rossastre longitudinali. Le foglie, carnose e di forma triangolare-astata, hanno margini interi e leggermente ondulati, con orecchiette basali rivolte verso il basso. Le foglie inferiori, più grandi e di un verde più scuro rispetto a quelle superiori, sono ideali per la raccolta da marzo a luglio.
Cucinare gli spinaci selvatici: tutti i benefici
Lo spinacio selvatico è particolarmente apprezzato per il suo alto valore nutritivo e viene raccolto, lessato e consumato in vari modi.
Ricchi di ferro, polifenoli, calcio, vitamina C e K, gli spinaci selvatici sono ideali per chi vuole seguire una dieta salutare. Le foglie sono emollienti, lassative e rimineralizzanti, rendendole perfette per chi soffre di anemia grazie all’alto contenuto di ferro e clorofilla.
Mangiare spinaci selvatici due volte al mese può aiutare a mantenere la salute delle ossa, grazie all’elevato contenuto di calcio, particolarmente utile prima dei 40 anni per rafforzare il tessuto osseo.
Questa pianta è anche benefica per il sistema immunitario, grazie alla presenza di acido folico e all’aumento dei globuli rossi. In particolare, bambini, anziani e chi ha difficoltà a tollerare farmaci possono trarne grande beneficio.
Le foglie degli spinaci selvatici hanno un effetto emolliente sulla pelle e possono essere utilizzate per trattare inestetismi come brufoli, ascessi e scottature. Le foglie cotte in olio d’oliva sono ottime per impacchi che alleviano questi problemi e anche i dolori reumatici.
È anche sconsigliato a chi soffre di disturbi renali ed epatici, artrosi e reumatismi. Le foglie fresche possono essere applicate su ascessi, scottature e ferite per accelerarne la guarigione.
In cucina, gli spinaci selvatici sono apprezzati per il loro sapore dolce e la loro versatilità: possono essere utilizzati in insalate, primi piatti e contorni deliziosi.
Vediamo come.
Come preparare e cucinare gli spinaci selvatici
Questa pianta si presta a essere cucinata come gli spinaci, ma il suo sapore è considerato nettamente superiore.
Si preferiscono i germogli o le cime immature delle giovani piante, e le foglie possono essere utilizzate come gli spinaci, specialmente nei ripieni. I getti fiorali si possono cucinare come gli asparagi.
Le foglie giovani crude, condite con olio, pepe, succo di limone e gherigli di noci, formano un’ottima insalata. Sono particolarmente apprezzate nei ripieni, minestroni, frittate e al burro.
Per prepararlo, basta prendere le foglie, lavarle accuratamente, per poi essere cucinato in modo simile alle verdure comuni, lessato o soffritto in padella.
In alternativa, le foglie crude possono essere insaporite con olio, pepe e succo di limone per ottime insalate.
Gli spinaci, come altre verdure e l’acqua, possono contenere nitrati provenienti dal suolo che possono trasformarsi in nitriti e nitrosamine, dannosi per la salute umana.
La conservazione prolungata e le alte temperature possono favorire questa trasformazione.
Per ridurre il rischio di trasformazione dei nitrati in nitriti e nitrosamine, è consigliabile lavare, sbucciare e cucinare le verdure seguendo questi passaggi: rimuovere i gambi, le costole fogliari e le foglie esterne ed evitare di riutilizzare l’acqua di cottura.
Alcune ricette tipiche
Se stai cercando qualche spunto per portare in tavola lo spinacio selvatico, te ne diamo alcuni.
Ecco alcune semplici ricette di primi e secondi piatti, gustose, nutrienti e salutari!
- Gnocchi agli spinaci di montagna con ricotta
- Risotto agli spinaci selvatici
- “Friciulin Verd Piemontesi” (frittelle)
- Tortino di patate e spinaci selvatici
- Crespelle agli spinaci selvatici
- Frittata di spinaci selvatici
- Polpette di orapi