Il ruolo dell’Ossola nella conquista italiana del K2
Nel luglio del 1954, l’Ossola concorse a scrivere una delle pagine più memorabili nella storia dell’alpinismo mondiale: la conquista italiana del K2. Sotto la guida del geologo e alpinista Ardito Desio, la spedizione raggiunse la vetta della seconda montagna più alta del mondo, segnando un trionfo che andava ben oltre il successo sportivo.
Negli anni di un difficile dopoguerra, il 31 luglio Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, raggiungono la cima del K2 attraverso la difficile via dello Sperone degli Abruzzi, in un’impresa che univa l’Italia a un contesto internazionale di grande rilievo.
Quella spedizione fu un capolavoro frutto di innovazioni tecnologiche che permisero a quegli uomini di superare condizioni estreme come quelle sul Karakorum. E proprio in Piemonte, terra di ingegno e precisione, si trovano alcune delle chiavi di quel successo.
Vogliamo raccontarvi la storia di quell’impresa da un’inedita prospettiva: raccontandovi di invenzioni, idee, uomini e aziende che in silenzio permisero di vincere la montagna più temuta del mondo.
I narratori di questa storia sono Luigi e Pierangelo, e Giuseppina.
“Missione K2, 1954”: la serata che ha raccontato queste storie
A 70 anni dalla storica conquista, l’Associazione Culturale Il Rosa, in collaborazione con NaturaBenessereCultura, ha voluto ricordare gli sforzi di un territorio con un momento speciale.
La serata intitolata “Missione K2 – 1954: il contributo delle aziende novaresi alla spedizione italiana in Karakorum” è stata un’occasione unica per mettere in luce le eccellenze piemontesi che, a distanza di decenni, arrivarono sulla seconda vetta del mondo, e che oggi continuano a raccontare una storia di coraggio, innovazione e passione.
In particolare, due famiglie hanno condiviso il loro ricordo di quel periodo: Luigi e Pierangelo Maffioli, della storica azienda Gottifredi Maffioli, che raccontarono della creazione delle corde in nylon, una vera rivoluzione nel campo dell’alpinismo, e Giuseppina Tettamanti, che ha narrato l’impegno della sua azienda nella realizzazione delle termotute, uno degli strumenti più innovativi e cruciali per la sopravvivenza in condizioni estreme.
Quella serata è stata, quindi, molto di più di un semplice incontro: è stato un viaggio nel cuore dell’innovazione che ha permesso agli uomini di conquistare l’impossibile.
“Questo evento ha segnato in modo indelebile […]. Da quel momento in poi la sagoma della mitica montagna della catena dell’Himalaya è come proprio simbolo.”
Azienda Gottifredi Maffioli
Le corde di nylon e il genio della Gottifredi Maffioli
“Per la seconda volta ci è stato chiesto di fare qualcosa che non avevamo mai fatto prima: innovare partendo dal punto più alto possibile.”
Luigi e Pierangelo Maffioli, Gottifredi Maffioli
Le corde di nylon sviluppate dalla Gottifredi Maffioli per la spedizione italiana al K2 nel 1954 rappresentano uno dei contributi più rivoluzionari nella storia dell’alpinismo. Questo progetto è nato da una straordinaria combinazione di visione imprenditoriale, competenza tecnica e una profonda collaborazione con il mondo della ricerca. Fondata nel 1926 a Novara da Maria Gottifredi, l’azienda era già rinomata per il suo approccio pionieristico nell’utilizzo di materiali innovativi, ma il loro lavoro con il nylon segnò una vera e propria svolta epocale.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Gottifredi Maffioli si trovò immersa in un contesto in cui l’industria italiana cercava di reinventarsi. Fu in questo periodo che iniziò una collaborazione con la Rhodiatoce, azienda leader nella produzione di fibre sintetiche, che introdusse il nylon sul mercato italiano. Sebbene il nylon fosse stato sviluppato negli Stati Uniti durante la guerra per applicazioni militari, le sue proprietà meccaniche straordinarie lo rendevano ideale per altri usi, come l’alpinismo.
“La nostra storia inizia quasi 100 anni fa, nel 1926, ed è una storia super legata all’innovazione: parlare di imprenditoria femminile in quegli anni significava già fare innovazione.”
Luigi e Pierangelo Maffioli, Gottifredi Maffioli
Nel contesto della spedizione italiana al K2, guidata da Ardito Desio, la richiesta di corde più leggere e resistenti rispetto a quelle tradizionali in canapa e sisal portò la Gottifredi Maffioli a sviluppare le prime corde sintetiche. Queste corde non erano soltanto un miglioramento tecnologico: erano una risposta a esigenze pratiche specifiche, legate alla sopravvivenza in condizioni climatiche estreme e alla sicurezza degli alpinisti impegnati in una delle sfide più difficili al mondo. Le temperature glaciali del Karakorum e l’elevata umidità rappresentavano un pericolo costante per le corde naturali, che tendevano a gonfiarsi e a perdere resistenza. Le corde di nylon, invece, offrivano leggerezza, elasticità e una resistenza straordinaria al gelo e alla trazione.
La progettazione di queste corde richiese mesi di lavoro e sperimentazione. Gli ingegneri della Gottifredi Maffioli dovettero calibrare con precisione la tensione delle fibre e ottimizzare il processo di tessitura per garantire la massima efficienza. Questo lavoro culminò in un prodotto che non solo superava ogni aspettativa, ma che influenzò profondamente il futuro dell’equipaggiamento alpinistico. Le corde sviluppate per il K2 furono infatti un punto di riferimento per decenni, tanto che vent’anni dopo, durante una spedizione giapponese sul K2, alcune di queste corde furono ritrovate ancora in perfette condizioni, dimostrando la loro straordinaria durata.
“Vent’anni dopo quella conquista, la spedizione giapponese, la seconda sul K2, trovò ancora intatte le nostre corde.”
Luigi e Pierangelo Maffioli, Gottifredi Maffioli
Alcune immagini storiche dall’archivio Gottifredi-Maffioli
La storia delle corde di nylon non è solo un capitolo della storia dell’alpinismo, ma un esempio emblematico di come l’industria italiana, grazie alla creatività e alla determinazione, abbia saputo rispondere a sfide apparentemente insormontabili. Per la Gottifredi Maffioli, quell’esperienza rappresentò anche l’inizio di una nuova era: oggi l’azienda è un leader globale nella produzione di attrezzature per il settore nautico e sportivo, ma la silhouette del K2 rimane un simbolo del loro spirito innovativo.
Le termotute e l’eredità dell’Azienda Tettamanti
“La spedizione K2, inizialmente, la vivevamo come qualunque altro italiano: non c’era una percezione della portata storica che avrebbe avuto.”
Giuseppina Tettamanti, Azienda Tettamanti
L’impresa italiana sul K2 non sarebbe stata possibile senza l’apporto cruciale dell’Azienda Tettamanti di Trecate, che progettò e realizzò termotute innovative per gli alpinisti. Negli anni ‘50, l’alpinismo d’alta quota era un campo in cui l’abbigliamento tecnico rappresentava una delle principali sfide. Il Karakorum, con le sue temperature estreme, richiedeva un equipaggiamento in grado di garantire isolamento termico e libertà di movimento senza precedenti. Le termotute realizzate dalla Tettamanti risposero perfettamente a queste esigenze.
La storia dell’Azienda Tettamanti si intreccia con quella del tessile italiano e della sua capacità di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e di mercato. Fondata agli inizi del Novecento, l’azienda era specializzata nella produzione di abbigliamento tecnico, ma fu solo grazie alla visione del fondatore e dei suoi successori che riuscì a sviluppare un prodotto unico per la spedizione italiana. L’idea di creare una tuta che potesse proteggere gli scalatori da temperature inferiori ai -30°C nacque da una stretta collaborazione tra l’azienda e gli esperti di alpinismo coinvolti nella preparazione della spedizione. Il risultato fu un capo costituito da strati di materiali tecnici innovativi, progettati per mantenere il calore corporeo e al contempo garantire una traspirabilità adeguata.
La progettazione e la realizzazione delle termotute richiesero mesi di lavoro intenso. Ogni dettaglio, dal tipo di cuciture alla scelta dei materiali isolanti, fu studiato con precisione. Per facilitare la comunicazione e la collaborazione con il team della spedizione, l’Azienda Tettamanti riceveva regolari aggiornamenti sulle necessità degli alpinisti attraverso lettere e cartoline, frammenti di una storia che Giuseppina Tettamanti ricorda ancora oggi con grande emozione.
“Abbiamo prodotto ogni tuta con un colore diverso, così che anche nella neve fosse facile per gli alpinisti riconoscersi a distanza.”
Giuseppina Tettamanti, Azienda Tettamanti
Il contributo dell’azienda non fu soltanto tecnico, ma anche profondamente umano. Giuseppina Tettamanti, che oggi rappresenta la memoria storica di quell’esperienza, sottolinea l’orgoglio che la sua famiglia provò nel sapere che quelle termotute erano parte integrante di un’impresa così straordinaria. Questo senso di responsabilità e partecipazione contribuì a creare un prodotto che superò ogni aspettativa.
“Ricordo che le comunicazioni arrivavano attraverso lettere e cartoline, e per noi erano piccoli frammenti di una storia più grande.”
Giuseppina Tettamanti, Azienda Tettamanti
Alcune immagini storiche dall’archivio Tettamanti
L’eredità dell’Azienda Tettamanti vive ancora oggi come esempio di come la sinergia tra innovazione e tradizione possa portare a risultati straordinari.
Le termotute non furono solo uno strumento tecnico, ma un simbolo di come l’artigianato italiano, guidato da una visione imprenditoriale lungimirante, abbia saputo giocare un ruolo fondamentale in una delle imprese più leggendarie della storia dell’alpinismo. Oggi, quell’esperienza rappresenta una lezione preziosa sulla capacità di trasformare le sfide in opportunità, un tratto distintivo del Piemonte e dell’Italia intera.
“Non abbiamo mai fatto un grande clamore attorno a quel contributo: ci siamo resi conto della sua importanza solo anni dopo, quando il mondo ha iniziato a parlarne.”
Giuseppina Tettamanti, Azienda Tettamanti