VALBO HISTORY

1 Luglio 1920

“O sole mio”: il segreto di Caruso era l’acqua di Bognanco 

Certe volte, la Storia si nasconde nelle pieghe di un vecchio giornale. E ci vuole l’occhio curioso e paziente di un appassionato per riportarla alla luce. È proprio quello che è successo nella Biblioteca di Domodossola dove, grazie alla segnalazione e al lavoro dell’archivista Umberto De Petri, è emerso un documento raro e prezioso: un numero del giornale Il Popolo dell’Ossola, datato 1 luglio 1920.

In una pagina pubblicitaria, tra le inserzioni di acque minerali e trattamenti termali, spicca una dichiarazione sorprendente:

“Uso da molto tempo le acque di BOGNANCO e mi piace dichiarare che esse meritano di essere considerate le regine delle acque da tavola.”

Firmato: Enrico Caruso.

Un elogio limpido e diretto, scritto da quello che fu – e rimane – il tenore più celebre della storia moderna. A colpire non è solo il nome, ma il contesto: Caruso, uomo di teatro, di tournée e di fama mondiale, sceglie di lodare pubblicamente un prodotto alpino, un’acqua minerale di una piccola valle dell’Ossola. Quel ritaglio oggi ci parla con forza: racconta un tempo in cui la reputazione si costruiva col passaparola e le stelle non si limitavano ai riflettori del palcoscenico.

Il documento, custodito tra le collezioni storiche della Biblioteca, è ora digitalizzato nell’Archivio Valbo History, a testimonianza della ricchezza nascosta nei fondi locali e del valore della memoria condivisa.

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Enrico Caruso: una delle voci più belle del mondo 

Per capire il peso di quelle parole, bisogna tornare per un attimo nel mondo di Enrico Caruso. Nato a Napoli nel 1873, Caruso divenne presto una leggenda vivente dell’opera lirica, portando il canto italiano nei teatri più prestigiosi del mondo: dal Metropolitan di New York alla Scala di Milano. Era una star ante litteram: il primo cantante d’opera a incidere dischi per il grammofono, il primo a diventare un’icona internazionale nella nascente cultura di massa.

Nel 1920, l’anno dell’inserzione, Caruso è al tramonto della carriera, minato da gravi problemi di salute. Morirà appena un anno dopo, nel 1921, a 48 anni. È quindi plausibile che il suo elogio all’acqua di Bognanco non sia solo una cortesia pubblicitaria, ma il riflesso di una reale abitudine terapeutica, forse consigliata dai medici o sperimentata in uno dei suoi viaggi in Italia. L’acqua di Bognanco, in particolare l’“Ausonia”, era già allora celebre per le sue proprietà diuretiche, digestive e depurative. Un rimedio naturale per lo stomaco e per la voce: due elementi vitali per un artista come lui.

A rafforzare l’autenticità del messaggio è anche il tono personale, diretto, privo di fronzoli:

“L’acqua più squisita e purissima che abbia bevuto. Ottima per digerire e per rimettere a posto lo stomaco più ribelle.”

Era un giudizio tecnico quanto affettuoso, che proveniva da un uomo abituato al meglio: nelle voci, nei sapori, nei rimedi. E oggi, a oltre un secolo di distanza, quelle parole suonano come un’ode spontanea a un territorio, a un’acqua, a un’Italia che sapeva curare con semplicità e natura.

Il valore di storie come questa

Cosa ci insegna oggi questa piccola pagina di giornale? In apparenza, poco più di una pubblicità. Ma a guardarla bene, contiene tre grandi verità.

La prima è il valore della memoria locale. Se non fosse stato per Umberto De Petri e l’Archivio della Biblioteca Civica, questa perla sarebbe rimasta invisibile, dimenticata. La storia si conserva nei luoghi umili, negli archivi di provincia, tra le carte polverose. E solo il lavoro quotidiano e appassionato di chi li cura permette di riscoprirla.

La seconda è il concetto di reputazione. Oggi siamo abituati a testimonial costruiti, campagne globali, influencer. Ma nel 1920, bastavano poche righe su carta per lanciare un messaggio potente. Caruso non era un uomo qualunque: era una voce che il mondo intero ascoltava. E sceglieva, tra tutte, l’acqua di una piccola valle ossolana. Non servivano spot in bianco e nero: bastava la fiducia.

La terza è una lezione di orgoglio territoriale. Bognanco, come tante località alpine, ha conosciuto momenti di gloria e periodi di oblio. Ma questo documento ci ricorda che la sua acqua, il suo nome e la sua qualità erano un tempo noti fino a New York, come indica l’indirizzo della sede americana dell’azienda.

Oggi, tornare a raccontare questi frammenti significa ridare dignità alla storia locale, ma anche ispirare il presente: in un mondo globale e disorientato, sapere che un piccolo borgo montano poteva diventare sinonimo di eccellenza mondiale ci invita a credere nella forza delle radici e a valorizzare ciò che abbiamo sotto casa.