VALBO HISTORY

7 Novembre 1942

La donna ossolana che partorì 12 figli

Il dodicesimo figlio di un cittadino di Bognanco

L’alpigiana Maria Borri in Giovangrande d’anni 36 si è sgravata alla Maternità di Domodossola del dodicesmo figlio, una bimba rosea e robusta, L’italianissima mamma, che nel 1935 ebbe l’ono. re di rappresentare l’Ossola al raduno di Roma per la Giornata della Madre e del Fanciullo, ha battezzato cinque femmine e sette maschi e ne à dieci vivi. Rallegramenti e voti fervidi a lei e al consorte.

LA GAZZETTA DEL LAGO MAGGIORE N.88 07/11/1942

Cosa si legge nell’articolo 

Nel numero 88 della Gazzetta del Lago Maggiore, datata 7 novembre 1942, troviamo una notizia che oggi potrebbe sembrare incredibile, ma che all’epoca era simbolo di orgoglio e normalità in molte valli alpine italiane: una donna di 36 anni, Maria Borri in Giovangrande, originaria di Bognanco, partoriva il suo dodicesimo figlio all’ospedale di Domodossola. Una bambina sana, rosea e robusta, veniva alla luce come l’ultima arrivata di una famiglia numerosissima: sette maschi, cinque femmine, dieci dei quali ancora in vita.

Questa non è solo una curiosità d’altri tempi, ma un frammento prezioso della storia sociale delle nostre valli. Maria non era una donna qualunque: nel 1935 era stata selezionata per rappresentare l’Ossola a Roma, durante la “Giornata della Madre e del Fanciullo”, un evento nazionale istituito dal regime fascista per celebrare la maternità e il ruolo della donna all’interno del progetto demografico del regime.

Il contesto: l’Italia del 1942

Nel 1942 l’Italia si trovava nel pieno della Seconda guerra mondiale. Le famiglie vivevano in un clima di incertezza e povertà, ma il regime fascista spingeva fortemente per la natalità. Mussolini aveva lanciato fin dagli anni ’20 la cosiddetta “battaglia per le nascite”, che premiava le famiglie numerose e promuoveva la figura della madre come pilastro della patria. Più figli voleva dire più cittadini, più soldati, più forza per la nazione.

In questo clima, il parto del dodicesimo figlio diventava notizia da prima pagina. La madre era lodata pubblicamente, il marito menzionato con rispetto, e i “fervidi voti” (cioè auguri calorosi) arrivavano anche dalla stampa.

Cosa ci racconta davvero questa notizia?

Oltre al dato evidente del numero dei figli, questo piccolo trafiletto di giornale ci racconta molto altro:

  • Che le donne di montagna erano (e sono) storie di resilienza, che affrontavano gravidanze multiple in condizioni spesso difficili, senza il supporto della medicina moderna.
  • Che la maternità aveva un valore anche pubblico, non solo privato. La donna-madre era celebrata come esempio civico e patriottico.
  • Che la vita in montagna era comunitaria, dove nascite e famiglie erano affare di tutti e diventavano parte della memoria collettiva.
  • Che purtroppo accanto alla maggiore natalità c’era anche più mortalità, in un’epoca in cui non tutti i figli arrivavano all’età adulta. Dei dodici nati, due erano già deceduti.

Cosa ci insegna questo ritaglio di giornale?

Oggi ci colpisce leggere una notizia come questa: dodici figli a 36 anni sembrano appartenere a un altro mondo, e in effetti è così. Ma è proprio scavando tra queste piccole cronache locali che possiamo ricostruire un affresco più ampio e umano della nostra storia. Non solo guerre, re e confini: anche la nascita di una bambina in un paesino di montagna racconta qualcosa del nostro passato, dei valori, delle difficoltà e delle speranze che hanno plasmato le nostre comunità.