VALBO HISTORY

6 Novembre 1914

I nove contrabbandieri sepolti sotto la valanga

La grave sciagura di Bognanco. Nove contrabbandieri sepolti dalla neve

Giunge da Bognanco una triste notizia, la fatale disgrazia toccata a nove contrabbandieri parte del paese. parte no, periti miseramente nella neve.

Ecco come accadde la disgrazia.

Mercoledì della scorsa settimana partiva da Bognanco una comitiva di nove persone, che recavasi, pel passo del Monscera, a Gondo a fare provviste, credesi più per uso di famiglia che non per commercio. Venerdì quei nove robusti montanari, carichi di merci, dopo aver pernottato a Gondo ripartivano pel ritorno. Fatti i pochi chilometri di strada carreggiabile si accinsero a fare la salita del monte. Giunti alla Val Possetta, e precisamente al prato circostante ai casolari Possetta a 1700 metri, una valanga si staccava dall’alto del prato che scende in pendio piuttosto ripido e travolgeva quei poveri disgraziati che si erano avventurati imprudentemente tra i pericoli della montagna.

Nessuno dapprincipio sospetto di una disgrazia. Quando però i parenti dopo varii, giorni di attesa non si videro tornare i loro cari, chiesero informazioni a Gondo di loro, e saputo che erano partiti, si convinsero che una grave disgrazia doveva essere loro toccata. Si organizzò tosto una comitiva di soccorso che parli da Gondo alla ricerca degli scomparsi. Esse furono ben faticose e finora hanno dato dei risultati ben dolorosi. Tastando la neve con lunghi e acuti bastoni riuscirono a trovare quattro cadaveri, degli altri si fanno attive ricerche e senza speranza però di trovarli salvi. I cadaveri estratti sono quelli di tre bognanchesi Villa Pietro e Villa Carlo zio e nipote, e Tonossi, il quarto è un certo Chiovenda di Premosello che lascia, dicesi, ben quindici figli. Le povere vittime ebbero oggi a Gondo una solenne sepoltura.

Alle povere vittime, avventuratesi in mille pericoli, forse più per amore della famiglia che per lucro, un mesto rimpianto.

IL POPOLO DELL’OSSOLA N.45

06/11/1914

Vi abbiamo più volte parlato del contrabbando, un capitolo importantissimo della nostra storia e di quella di tante famiglie di montagna. (Cos’è il contrabbando? Leggi qui)

Nelle terre alte dell’Ossola, tra le cime innevate e i passi impervi, il confine tra la legalità e la necessità si fece, per secoli, sottile come un filo di neve.

In quell’Italia montanara, dura e coraggiosa, il contrabbando non era soltanto un crimine: era spesso una forma di sopravvivenza, una lotta quotidiana contro la fame, i dazi, e gli inverni spietati.

Uomini semplici, contadini e boscaioli, che sfidavano le vette non per arricchirsi, ma per portare a casa quel poco che le terre povere non potevano offrire: sale, zucchero, stoffe, medicinali.

Un cammino rischioso, compiuto spesso di notte, sotto il peso delle gerle e dei sacchi, braccati dalle dogane, traditi dalle bufere.

E proprio in questo contesto si inserisce una delle pagine più dolorose della storia ossolana: la tragedia di Bognanco del novembre 1914.

In questo articolo di giornale vi portiamo su uno di quei sentieri di contrabbando, quando una una valanga seppellì nove montanari esperti in una gelida notte d’inverno, alle porte della prima guerra mondiale.

La valanga del 1914

La neve scricchiolava sotto i passi lenti e pesanti della comitiva. Erano in dodici, uomini temprati dalla montagna, partiti da Bognanco e dai paesi vicini per attraversare il passo del Monscera e raggiungere Gondo. Cercavano provviste: un po’ per sfamare le loro famiglie, un po’ per arrotondare con piccoli scambi oltreconfine, come si usava da generazioni.

Dopo una notte passata a Gondo, ripresero il cammino verso casa, le spalle curve sotto il peso delle merci preziose. Ma il cielo aveva già cambiato volto. L’inverno, prepotente e inatteso, si era abbattuto sulla montagna, trasformandola in una distesa traditrice di bianco.

Giunti alla Val Possetta, a circa 1700 metri d’altitudine, nei pressi dei vecchi casolari, il silenzio della neve fu spezzato da un rombo improvviso. Un muro bianco si staccò dal pendio sovrastante e li travolse senza scampo. In un istante, la montagna li inghiottì, cancellando ogni traccia del loro passaggio.

Per giorni, nei villaggi, si attese con pazienza. Nessuno si stupiva dei ritardi: in montagna i tempi sono quelli della natura, e la natura non si comanda. Ma il silenzio, a poco a poco, divenne assordante. I volti si fecero tesi, le mani si strinsero nervose. Era il tempo della paura.

Quando ormai la speranza vacillava, partirono le squadre di ricerca. Avanzavano a fatica, battendo la neve con lunghi bastoni, pregando di trovare segni, qualcosa — qualsiasi cosa. Dopo ore di sforzi disperati, riuscirono a strappare alla montagna quattro corpi.

Pietro Villa e suo nipote Carlo Villa, uomini di Bognanco. Tonossi. Chiovenda di Premosello, padre di quindici figli.

Gli altri restarono là, sotto metri di neve, troppo in profondità perché mani umane potessero raggiungerli.

I corpi ritrovati vennero portati a Gondo, dove la comunità si radunò in un silenzio carico di dolore. La sepoltura fu solenne, come si rende omaggio a chi ha sfidato la montagna ed è caduto. Nessuno dimenticò quei figli coraggiosi che, nel gelo di un inverno crudele, non fecero più ritorno.

La tragedia di Bognanco ci restituisce uno spaccato autentico di quell’Italia dimenticata:

un’Italia che saliva i monti con le scarpe rotte, che sfidava l’inverno con la forza delle braccia e della speranza.

E forse, proprio per questo, merita ancora oggi il nostro rispetto.

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